Intregrazione e inclusione al dilá del solito concetto…
L’altro giorno stavo pensando a queste due parole, che sempre più spesso si sentono dire…
Due parole che per molti ancora sono sinonimi, ma, come sapete non lo sono assolutamente.
La maggior parte delle volte le troviamo nei discorsi che trattano di disabilità, disturbi, handicap, diversità, specialità (da special needs in inglese) delle persone. Tutto ciò insomma che, in qualche modo gira intorno al concetto di diverso, di “non tipico o normale”….
Proprio mentre faccio uno dei miei lunghi pensieri riflessivi, penso, ma integrazione c’è anche quando, in un gruppo di persone ce n’è una che non parla la stessa lingua degli altri (e potrebbe essere in famiglia, tra amici, in classe, ecc…) e qualcuno la affianca spiegandole concalma cosa stanno dicendo gli altri, con gesti, parole più sempilci o con traduzioni. Ma può benissimo anche solo essere il lasciarla stare vicino al resto del gruppo, ignorandola perchè non capisce, eppure però sta nel gruppo, è li fisicamente quindi c’è… Non è includerla, non è coinvolgerla a pieno e farla sentire parte del gruppo, è dire si puoi stare, si io mi dedico a te, ma non tutti, e quindi il messaggio che passa è “non sei abbastanza importante per noi per far la fatica di farti capire anche a te”.
È invece inclusione quando, tutto il gruppo cerca una lingua in comune con l’altra persona e si parla tutti una lingua comprendibile a tutti, creando così un dialogo aperto coinvolgendo TUTTI, nessuno escluso.
A tal proposto vi racconto di due bellissime esperienze che ho vissuto qualche anno fa, proprio a tal propostito e che questa riflessione mi ha rispolverato.
La prima esperienza, ero in vacanza con la mia famiglia in Galles, avevamo fatto amicizia con un gruppo di persone del posto, tra di loro ovviamente parlavano il gallese (loro madrelingua) quando hanno capito che noi non riuscivamo a capire cosa dicevano, non se ne sono fregati (come avrebbero potuto fare), ma anzi, ci hanno chiesto se parlavamo inglese, abbiamo risposto di si (seppur a livelli diversi) e si sono tutti subito resi molto disponibili, parlando un inglese semplice, fluido e chiaro, in modo tale da permetterci di entrare nei loro discorsi, facendoci sentire subito parte del gruppo, seppur non li conoscevamo, venivamo da tutto un altro Stato e sapevano benissimo che eravamo solo in vacanza e a distanza di due settimane saremo tornati in Italia. Vedete? Avrebbero potuto incaricare qualcuno del gruppo a farci le traduzioni o a “chiacchierare” con noi e gli altri avrebbero potuto parlare dei fatti loro, invece no.
La seconda esperienza invece è stata in Germania, eravamo li in vacanza, con noi c’erano due tedeschi (del posto) e un belgo. Noi sappiamo parlare e capire il tedesco e l’inglese e ovviamente l’italiano, i due tedeschi capivano un po’ di italiano, sapevano bene l’inglese e il tedesco. Quindi si poteva parlare una delle tre lingue e ci si capiva in qualche modo. A differenza invece del belgo che parlavava solo belgo, francese e inglese. Come abbiamo fatto? Per poter creare un dialogo aperto e permettere a tutti di sentirsi parte del gruppo siamo andati di inglese, lingua che tutti conoscevamo. Anche qui avremmo potuto scegliere il tedesco o l’italiano ma poi lui sarebbe stato escluso… E quindi avremmo fatto integrazione (stai pure con noi, seguici ma non capirai nulla) e invece no, abbiamo cercato una via che tutti potessimo comprendere e capirci. Ovviamente il loro livello di inglese era molto più avanzato del nostro (loro lo usano molto anche per lavoro) quindi per includerci ancora meglio usavamo anche Google immagini e google traduttore, quindi mezzi facilitatori ma… Vedete come basterebbe solo una buona volontà per poter far sentire tutti parte del gruppo indipendentemente dalla diversità? Siamo tutti diversi ed è lì il bello, bisogna accettarsi e sfruttare le diversità come risorse non come qualcosa di brutto.
Cosa dite? Cosa ne pensate? Possiamo estendere questo concetto in generale e quindi creare un mondo inclusivo su tutti i piani e stare tutti bene? (A tal propostio penso sarebbe più facile anche che ci sentiamo inclusi, perchè cambierebbe il modo di pensare, diventerebbe normalità includere tutti).