Il concetto di inclusione…

Il concetto di inclusione…

Nell’arco di quest’anno ho sentito spessissimo parlare di inclusione.

Settimana scorsa, ho partecipato ad una riunione dove all’interno c’erano solo gli insegnanti di sostegno, i collaboratori (figura che voi probabilmente conoscete come educatore assistenziale) e la referente BES.

Durante la riunione c’è stato un momento di scambio di ciò che è stato vissuto nell’anno, dei momenti di difficoltà come di conforto.

Ascoltavo e iniziavo a riflettere su come, per chi ha vissuto una situazione sulla sua propria pelle avesse ben chiaro il concetto di inclusione, a cuore e come invece, gli altri conoscano la parola, cercano di applicarla ma cadono nel tranello dell’integrazione anziché dell’inclusione.

Mi spiego, un esempio è stato quello che, data l’emergenza pandemica e che l’alunno (BES) non mette la mascherina (previsto da certificato medico) e tende a mettere tutto in bocca, è stato deciso che risultando essere pericoloso per gli altri, deve stare tutto il giorno fuori dalla classe, vedere i suoi compagni solo all’arrivo e prima di tornare a casa…

Altra situazione, una bambina urla e ha problemi comportamentali, non fa però male a nessuno, viene deciso di portarla fuori dalla classe perché senó può destabilizzare gli altri.

Potrei continuare a portare altri infiniti esempi, da alunni con disabilità, BES ad alunni DSA o ad alunni senza certificazioni.

Dov’è l’inclusione? Inclusione vuol dire far parte di…

Io qui vedo un tentativo di inclusione, ma poi, per il bene della classe allontano, che sia portando fuori dalla classe o isolando, ecco che allora non è inclusione.. okay, il bene per la classe ma il bene dell’alunno/a neurodivergente invece qual’è? E poi, il bene della classe… Loro non impareranno mai a convivere con gli “atipici” se ogni volta che si presenta un momento di condivisione, di vissuto vengono separati…

Faccio un esempio più vicino ai normotipici, se devo cucinare la pasta, metto sul fuoco la pentola con l’acqua e quando bolle butto il sale ma poi ogni volta mi viene spento il fuoco e non data la pasta, se non la cucino come faccio a diventare brava a cucinarla? Non posso…

Giusto?

Spesso si parte bene poi si sposta il focus sul, “per il bene della classe” , non pensando invece al bene dell’alunno BES, proprio colui che ha bisogno dell’inclusione, su cui l’obiettivo era partito, includerlo, facendo sapere alla classe che lui c’è, che esiste, ma, a lui gli faccio passare il messaggio che per delle sue caratteristiche deve uscire dal gruppo dei compagni e guardarli da lontano.

Con questo non dico che è facile, ma non è neanche impossibile, penso che sta in noi adulti creare situazioni che possano avvicinare entrambi. A me è piaciuto tantissimo quando all’asilo ad esempio leggevamo le storie, i bimbi Bes stavano nello stesso spazio degli altri, potevano fare altro, potevano urlare se avevano bisogno ma stavano con noi, con tutti, e i compagni allo stesso tempo stavano con loro accettando i loro bisogni e “sopportandoli” sapendo che loro sono diversi, come ognuno di noi è diverso, c’è chi piange per dire che sta male, chi ride e chi urla e chi lancia le cose ma sempre compagni e amici sono.

Mi è piaciuto tantissimo l’intervento della referenre quando ha ricordato alle colleghe proprio quello che io in questo lungo scritto cerco di trasmettere, ricordate che gli alunni BES hanno uguali diritti allo studio e al benessere degli altri e i primis sono persone!

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