Dottoressa, ma tu, sei dislessica?
L’altro giorno nelle storie di Instagram raccontavo di un ricordo che mi era tornato a galla…
Di quando, ormai 3 anni fa ero stata ricoverata all’ospedale (chi mi segue da tanto potrebbe ricordarsi) ed un giorno mi accompagnarono le infermiere del reparto in cui stavo a fare uno dei tanti esami che mi stavano facendo per capire cosa avevo…
Mi avevano accompagnata perchè quella mattina ero da sola, non era orario di visita quindi i miei non potevano entrare e vedendomi piccola mi avevano accompagnata e poi ritornata a prendere.
Quando venni chiamata dalla dottoressa entrai in questa stanza, molto buia, era una stanza dove venivano fatte ecografie, dovevo farla all’addome, sospettavano avessi l’appendicite o qualcosa comunque a livello addominale.. La dottoressa mi disse “siediti pure qui, finisco un attimo una cosa e arrivo”.
Così feci, aspettai, eravamo nella stessa stanza, mi guardavo ingiro, curiosa come sempre, quando vedo che lei si siede a computer, muove il mouse e lo schermo si accende, compare uno di quei programmi di sintesi vocale che noi spesso usiamo per ascoltare i testi che ci vengono assegnati per compito, oppure, per studiare..
Ascolta una parte di testo, ovviamente era troppo difficile quindi non capivo, poi lo stoppa, apre un’altra schermata, prende un microfono e inizia a dettare al pc cosa scrivere… Quando finisce e viene da me, curiosa e conoscendo la probabile risposta le chiedo, ” dottoressa, ma tu, sei dislessica?”, lei per un attimo mi guarda, come per dire ma questa? Poi sorride e mi dice in modo educato e dolce “si, perchè?” e io rispondo “anch’io lo sono” sorride e ci mettiamo a parlare, nel mentre che mi fa gli esami.
Nei momenti no, nei momenti di sconforto, quelli dove mi è stato detto “tu insegnare? Ma se sei dislessica?” e l’iniziale pensiero “è vero non posso” ho sempre ripensato a questo, pensando ma se lei è diventata una dottoressa ed è dislessica, utilizza gli strumenti compensativi a lavoro, perchè non lo posso fare anch’io? E questo mi ha aiutato a credere ancora di più in me, nella mia idea del “gli strumenti compensativi possono essere usati sempre, non solo a scuola” con più energia, più tenacia direi.